L’Arcadia in Brenta, Bologna, Pisarri e Primodì, 1753 (Faenza)

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 FABRIZIO e poi LAURETTA, indi LINDORA
 
 FABRIZIO
 Ohimè dove m’ascondo!
 È finito il denaro
 e si è venduto tutto, il giorno d’ieri,
 e non v’è da mangiar pei forestieri.
845Oh sorte! Oh cielo! Oh fato!
 Io non so che mi far, son disperato...
 LAURETTA
 Signor Fabrizio d’ogni grazia adorno,
 io gli auguro buongiorno...
 LINDORA
 Signor Fabrizio amabile e garbato
850ella sia il ben levato.
 LAURETTA
 Beverei volontier la cioccolata...
 LINDORA
 La mia colazioncina praticata.
 FABRIZIO
 (La solita campana!)
 LAURETTA
                                         Vuol far grazia?
 FABRIZIO
 (Certo tu non la bevi).
 LINDORA
                                           Favorisce?
 FABRIZIO
855E in che consiste questa colazione!
 LINDORA
 Per esempio un piccione,
 due quaglie, una pernice, un francolino
 e una mezza bottiglia di buon vino.
 FABRIZIO
 Mia cara madamina
860io vi posso esibir la polentina.
 LINDORA
 Sentite, tante e tante
 che fan le schizignose più di me
 mangian la polentina se ve n’è.
 
 SCENA II
 
 Il CONTE e detti
 
 CONTE
 Nostro eroe, nostro nume,
865giacché nel principato
 ancor per questo dì fui confermato,
 impongo che si faccia
 una solenne streppitosa caccia.
 FABRIZIO
 E che deggio far io?
 CONTE
                                       Poco e pulito;
870un sferico pasticcio,
 due volatili allessi,
 un quadrupede arrosto,
 torta, latte, insalata e pochi frutti
 ed il di lei bon cor contenta tutti.
 FABRIZIO
875Ah non vuol altro? Sì sarà servito.
 (Stamane il disinar sarà compito).
 
    Basta basta lieti state,
 tutti addosso mi mangiate,
 tocca tocca solo a voi. (A Lauretta ed a Lindora)
880So il trattar co’ pari suoi, (Al conte)
 madamina starà bona,
 Laura fida al suo Fabrizio,
 signor conte quel caprizio
 io vi voglio contentar.
 
885   (Le carezze di una donna
 fan scordarsi d’ogni male)
 ma io son un animale;
 non mi voglio qui fermar. (Parte)
 
 SCENA III
 
 Il CONTE, LINDORA e LAURETTA
 
 CONTE
 Generoso è Fabrizio e di bon core.
 LINDORA
890Per le ninfe d’Arcadia è un buon pastore.
 LAURETTA
 Signori miei disingannar vi voglio;
 il povero Fabrizio è disperato;
 egli s’è ruvinato,
 ordina di gran cose ma stamane
895non ha due soldi da comprarsi un pane.
 LINDORA
 La colazione è andata.
 LAURETTA
 Con la mia cioccolata.
 CONTE
 La caccia e il disinar più non si fa...
 LINDORA
 Ma il cappon vi sarà?
 LAURETTA
                                          No certamente.
 LINDORA
900Come viver potrò senza ristoro?
 Ahimè, che languidezza. Io manco; io moro.
 CONTE
 Ah madama, madama;
 eccovi samperillie,
 spirito di melissa,
905acqua della regina,
 estratto di canella soprafina.
 LINDORA
 V’è alcuna speziaria?
 CONTE
                                         Sì mia signora.
 LINDORA
 Deh fatemi il piacer, contino mio,
 andatemi a pigliare
910della polvere d’oro,
 un cordiale di perle,
 un elexir gemmato,
 con qualche solutivo delicato.
 CONTE
 Per servirvi, madama, in un istante,
915pongo lo sprone al cor, l’ali alle piante. (Parte)
 LAURETTA
 Eh madamina mia
 so io che vi vorria
 perché ogni vostro mal fosse guarito...
 LINDORA
 Che vi vorrebbe mai?
 LAURETTA
                                           Un bel marito. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 LINDORA, poi il CONTE accompagnato da uno speziale con vari medicamenti
 
 CONTE
920Eccovi lo spezial, signora mia,
 ed ha mezza con lui la speziaria.
 LINDORA
 Il cordiale?
 CONTE
                        Ecco il cordiale...
 LINDORA
 Mezzo voi, mezzo io...
 CONTE
                                          Io non ho male.
 LINDORA
 Quando si serve dama
925ricusar non si può.
 CONTE
 Dite ben, dite ben, lo beverò.
 LINDORA
 È gagliardo?
 CONTE
                          Un po’ troppo.
 LINDORA
 Ne vuo’ assaggiar un poco...
 Ah no no, non lo voglio, è tutto foco.
930Datemi l’elexir.
 CONTE
                                Eccolo qui.
 LINDORA
 Bevetene voi prima in quel bicchiere.
 CONTE
 Ma io...
 LINDORA
                 Ma voi non siete cavaliere?
 CONTE
 Vi domando perdono,
 vi servo, bevo e cavaliere io sono.
 LINDORA
935Vi piace?
 CONTE
                     Niente affatto;
 ha posto un mongibel nel corpo mio.
 LINDORA
 Dunque, quand’è così, non lo vogl’io.
 CONTE
 Ed intanto io l’ho preso.
 LINDORA
                                              Ahimè mi sento
 lo stomaco pesante.
940Ha portato il purgante?
 CONTE
                                              Sì madama,
 è questo un solutivo
 di molto operativo.
 LINDORA
 Lasciatelo veder...
 CONTE
                                    Eccolo.
 LINDORA
                                                   È troppo
 per lo stomaco mio.
945Mezzo il berete voi e mezzo io.
 CONTE
 Bisogno non ne ho.
 LINDORA
                                      Che importa questo?
 Prendetelo e bevete,
 se cavalier voi siete.
 CONTE
 Beverò, beverò, sì madamina.
950Lei ha mal ed io prendo medicina.
 LINDORA
 Oibò. Nausea mi fa, non lo voglio.
 CONTE
 Io sento un grande imbroglio
 nello stomaco mio.
 LINDORA
 Conte soffrite voi che soffro anch’io.
 CONTE
 
955   Io mi sento un tale impiccio
 entro me né so che sia
 aver preso per follia
 tanti imbrogli per piacer. (Parte)
 
 SCENA V
 
 LINDORA e GIACINTO
 
 LINDORA
 Povero conte! Al certo mi fa ridere...
 GIACINTO
960Madama siete attesa,
 avrete di già intesa
 la disgrazia dell’ospite compito
 che per la bella Arcadia è già fallito.
 Rosanna, che non lungi ha la sua villa,
965tutti seco c’invita.
 Collà l’Arcadia unita
 sarà con più giudizio
 e con noi conduremo anche Fabrizio.
 LINDORA
 Oh povero Fabroni
970me ne dispiace assai,
 ma non vo’ tormi affanno,
 s’egli è stato bagian sarà suo danno.
 
    Non voglio affanni al core,
 non vuo’ pensare a guai,
975non ci ho pensato mai
 e non ci penserò. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 GIACINTO e ROSANNA
 
 ROSANNA
 Giacinto, il tutto è pronto;
 preparato è il burchiello;
 mandati avanti ho i servitori miei,
980che veniste voi meco io bramerei.
 GIACINTO
 Non ricuso l’onor che voi mi fate.
 ROSANNA
 Anzi se non sdegnate,
 quando nella mia casa voi sarete,
 io farovvi padron e disporrete.
 GIACINTO
985Io, perché?
 ROSANNA
                        Perché se veri
 son quei detti di ieri...
 Basta, di più non dico...
 GIACINTO
 Sì mia cara v’intendo
 e da voi sola la mia sorte attendo.
 
990   Disprezzando ogni periglio
 io vedrò quel vago ciglio
 tutto lieto a scintillar.
 
    S’è mia fé costante e forte
 invidiar non so la sorte
995di chi gode nell’amar. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 ROSANNA sola
 
 ROSANNA
 Giacinto ha un certo brio
 che piace al genio mio.
 Per lui a poco a poco
 mi accese un dolce foco in seno amore,
1000l’amo, l’adoro e gli ho donato il core.
 
    Dai rai d’un bel sembiante
 nasce nel seno mio
 quel libero desio
 che dolcemente il core
1005comincia a lusingar.
 
    E benché debba oh dio
 fuggir il mio nemico
 spesso fra me lo dico
 e non lo posso far. (Parte)
 
 SCENA ULTIMA
 
 FABRIZIO e GIACINTO, poi tutti
 
 FABRIZIO
1010No, non vo’ che si dica
 ch’io abbi avuto di grazia
 d’andar in casa d’altri
 dopo aver rovvinata casa mia,
 vo’ fuggir la vergogna e scampar via.
 GIACINTO
1015Dove signor Fabrizio?
 FABRIZIO
 Vado a far un servizio;
 aspettatemi qui, che adesso torno...
 ROSANNA
 Cercato ho ogni contorno
 e alfin vi ho ritrovato.
1020Signor Fabrizio amato
 degnatevi venir in casa mia...
 FABRIZIO
 Con buona grazia di vosignoria...
 GIACINTO
 Fateci quest’onore;
 venite da Rosanna a star con noi...
 FABRIZIO
1025Aspettate un pochino e son con voi...
 LINDORA
 Dove correte?
 FABRIZIO
                             Oh bella!
 LAURETTA
 Dove n’andate?
 FABRIZIO
                                Oh buona!
 CONTE
 Voi siete prigionier, non vi movete.
 FABRIZIO
 Che vi venga la rabbia a quanti siete.
 GIACINTO
1030Orsù signor Fabrizio
 permettete che io parli; ognuno sa
 che siete un galantuomo,
 che siete rovinato,
 che non v’è più rimedio. Ognun vi prega
1035che venghiate con noi. Se ricusate,
 superbia e non virtù voi dimostrate.
 ROSANNA
 Vi supplico...
 LINDORA
                           Vi prego...
 LAURETTA
                                                Vi scongiuro...
 CONTE
 Non siate con tre donne tanto duro.
 FABRIZIO
 Orsù m’arrendo al generoso invito.
1040Non è poca fortuna
 per un uom rovinato
 esiger compassion dal mondo ingrato.
 Per lo più quegl’istessi
 ch’hanno mandato il misero in rovina
1045lo metton colli scherni alla berlina.
 CORO
 
    Signor Fabrizio
 venga con noi
 e lieto poi
 vi tornerà.
 
 FABRIZIO
 
1050   Vengo e ringrazio
 tanta bontà.
 
 TUTTI
 
    L’Arcadia in Brenta
 è terminata
 e la brigata
1055via se ne va.
 
 FABRIZIO
 
    Andata fosse
 due giorni fa.
 
 Fine
 
 
    In Bologna, MDCCLIII, per gli eredi di Costantino Pisarri e Giacomo Filippo Primodì, impressori del Sant’Officio, con licenza de’ superiori.